martedì, novembre 23, 2004

10 di 1000

10 di 1000

Musica: radio rock, non so cosa sia ma non mi fa impazzire.

Immagine: computer, sera, sito a cui lavoro aperto. Rossobiancoblu.

negro Spiritual

Ezekiel connected dem dry bones
Ezekiel connected dem dry bones
Ezekiel connected dem dry bones
I hear the word of the Lord.
Your toe bone connected to your foot bone,
Your foot bone connected to your ankle bone,
Your ankle bone connected to your leg bone,
Your leg bone connected to your knee bone,
Your knee bone connected to your thigh bone,
Your thigh bone connected to your hip bone,
Your hip bone connected to your back bone,
Your back bone connected to your shoulder bone,
Your shoulder bone connected to your neck bone,
Your neck bone connected to your head bone,
I hear the word of the Lord!

Dem bones, dem bones gonna walk aroun'
Dem bones, dem bones, gonna walk aroun'
Dem bones, dem bones, gonna walk aroun'
I hear the word of the Lord!

Disconnect dem bones, dem dry bones
Disconnect dem bones, dem dry bones
Disconnect dem bones, dem dry bones
I hear the word of the Lord!

Your head bone connected from your neck bone,
Your neck bone connected from your shoulder bone,
Your shoulder bone connected from your back bone,
Your back bone connected from your hip bone,
Your hip bone connected from your thigh bone,
Your thigh bone connected from your knee bone,
Your knee bone connected from your leg bone,
Your leg bone connected from your ankle bone,
Your ankle bone connected from your foot bone,
Your foot bone connected from your toe bone,
I hear the word of the Lord!
I hear the word of the Lord!


Decima, primo anniversario, brindo con una sigaretta. Devo smettere di fumare, fa male.

Annotazione criptica: a Monteverde c'é l'acqua buona. Non ve la spiegherò mai.

Ok, elogio della Tempesta di Giorgione:




Violenza e dolcezza assieme, la nuda verità svelata. Una speranza fioca, un sole tra le nubi. Il bambino, l'istinto materno che non avresti immaginato ma c'é, e forte. Bellezza, tanta. É il mio quadro preferito? Lo sta diventando. Mi fa paura? Un pò, da emozioni forti. La grazia, quella donna accovacciata sulla destra, illuminata, candida. Dolce e abbastanza forte da aver affrontato la tempesta da sola. Ora se la merita un pò di pace, o no?
La tecnica e lo studio dello sfondo, sintomo di intelligenza. I giochi di luce, ombra e sole, pessimismo e ottimismo. Tornerà il sole, si sa. Lo sapeva anche la donna, che é tranquilla ad allattare, senza protezione e forse per questo più forte. L'ironia, una situazione ambigua, potrebbe farci sorridere più di una volta. I colori, così contrastanti a volte, eppure armoniosi. I particolari, non finiranno mai di stupirci, infiniti, inaspettati. La durezza, che circonda la donna e il bambino. Ma quel sole stentato la ammorbidisce, toglie la minaccia. Guardando quel quadro puoi subito capire che la tempesta é finita o, per i pessimisti recidivi, deve cominciare ma non sarà un problema. Potresti anche guardarlo tutta la vita, lo potresti respirare, ti riempirebbe sempre di brividi. Potrebbe farti paura, ogni tanto, ferirti. Potrebbe far sentire te nudo, e non la donna. Potrebbe farti vivere di libertà. Oppure potresti perderlo, perché anche tu sei disordinato come me, e poi ritrovarlo, oppure smarrirlo definitivamente ma ricordarlo egualmente. Ci sono quadri che sono più grandi della tela su cui sono dipinti, e continuano a brillare anche se c'é poca luce ( mi hanno tagliato la corrente, ho dimenticato la bolletta... Si, e come faccio ad avere il computer acceso? Bravo fesso, se devi sparare cavolate raccontale bene. Ok, ho finito di litigare da solo, andiamo avanti, fate finta di nulla, ignoratemi , é lo stress ).

Finito l'elogio, anche se c'é molto da dire. Che dite, la donna cucina bene? Secondo me si. É brava a letto? Si, direi che da l'impressione di essere dolce e decisa assieme. Potrebbe anche essersi dipinta da sola. Sarà una brava madre? Direi di si, guardate come tiene quel bimbo. Dirà cose interessanti? Una persona con quello sguardo ti riempie la mente, oltre che il cuore. Ok, sviolinata finita davvero ma quel quadro mi é piaciuto tanto. Credo proprio che non lo dimenticherò, anche se da ora in poi lo dovrò vedere di nuovo sotto la sua teca di vetro, la sua campana. Sono contento di averlo visto, anche se per poco tempo. Ero di fretta alla mostra, e c'era chi spintonava, che palle.

Sabato, nottata devastante. Sono uscito con le due di Barcellona. Ho vagato tutta notte fuori come una zucchina, con quelle due che svenivano e vomitavano a turno. Non mi dispiacciono, sono tipe interessanti. Una dolce, l'altra salata. Quella salata mi ha baciato, poi io ho baciato quella dolce. Il fatto che dopo entrambe abbiano vomitato mina un pò la mia fiducia in me stesso. Non mangerò più peperonata ripassata in aglio e cipolle. Ci siamo mezzi tastati con una ragazza di colore di Miami che ci provava con quella dolce. Abbiamo creato il panico in un pub improvvisando uno spettacolo teatrale in cui io stavo con Dolce che mi ha lasciato per mettersi con Salata. Alla fine il cameriere tremava quando lo chiamavo e il tavolo vicino era in piena sindrome di Beautiful. A quando la prossima puntata? Mentre se ne andavano ero tentato di partire con qualche pubblicità. Ho perso il cellulare e, se siete passati verso le sei e venti sul lungotevere, l'imbecille che correva a zig zag guardando per terra ero io. L'ho ritrovato alle sette meno dieci, mentre un musica da film biblico pervadeva misteriosamente l'aere.

lunedì, novembre 15, 2004

9 di 1000

9 di 1000

Musica: Sanitary Man, autore sconosciuto, playback mentale da qualcosa di sentito su Radio Rock.

Immagine: salone, gatta sulle gambe che si struscia, é di nuovo nel suo periodo e si farebbe anche la statuina del Buddha se potesse.

Nona, come Beethoven.

Ho fatto l'offerta per la casa. 87.000 €. Tra tasse, tassi e tassisti siamo a 100.000. Ho firmato i miei primi documenti "seri". Dentro la testa mi sfilavano immagini tipo: primo mattone tolto dal muro di Berlino, sbarco sulla luna, Marconi e il primo messaggio intercontinentale, il primo homo sapiens che strofinando due pietre ottiene una scintilla, etc. etc. etc.

Sono in fissa per la canzone "Sanitary Man". L'ho sentita su Radio Rock e sembra dedicata a me. Devo scoprire di chi é e scaricare l'mp3.

Allora, la pirateria musicale. Primo, non é la malattia ma il SINTOMO. Concetto diverso. Secondo, perché pirateria? Quando masterizzo un CD non mi vesto da Capitan Uncino. Dagli archivi storici non risulta che BarbaBlù possedesse un Maxtor. Se l'avesse posseduto invece di bruciare navi avrebbe magari bruciato compilations. E invece di assaltar porti urlando "all'arrembaggio!!!" ( credo peraltro dicesse "annamo!!!", stringato, conciso, efficace ) si sarebbe piuttosto lanciato in un negozio di CD a Natale gridando "Britney Spears!!!", si sarebbe impigliato con il barbone in una scansia e sarebbe stato gentilmente invitato a lasciare fuori il pappagallo.

I pirati sono brava gente, il P2P é il comunismo del consumismo, Napster era un Profeta biblico, i Metallica, gli U2 e Pavarotti degli stronzi che ormai accordano solo assegni.

Fine parentesi sulla pirateria.

Per il resto:

"Libra" é strana. La serata é stata quasi inquietante, non che sia successo chissà cosa, ma i minuti e le ore si sono trascinati in cunicoli di silenzi, frasi superficiali e rivelazioni. Non ci siamo dati un'appuntamento preciso. Ci si vede.

In compenso passo bel tempo con una mia amica. Come ogni persona ha i suoi piccoli difetti, e lo spazio che ho sul blog non mi permette di elencarli tutti compreso l'indice analitico. Ma ha anche grossi pregi e neppure se scrivessi da qui a un anno potrei finire di elencare quelli. La riassumo (domattina si sveglierà alta un metro e venti): la Tempesta di Giorgione. Il quadro, intendo. Ah, ho scoperto che suona bene la chitarra e ha una bella voce. Un giorno eromperò in un panegirico devastante.

Io continuo a rotolare da un giorno all'altro. Se più in basso o più in alto lo capirò alla fine. O dopo ancora. Vediamo i casi:

Esiste la reincarnazione: se mi reincarno in un vaso da notte allora sono stato cattivo, se mi ritrovo a essere un ricco astronauta allora sono stato buono.

Esiste l'aldilà: se mi ritrovo in mezzo alle nuvolette ad ascoltare androgini suonare le arpe allora sono stato troppo, troppo buono. Ricordarsi di premunirsi con tappi per le orecchie. O lettore mp3 con rock, progressive e jazz. Se appena arrivato mi danno un calcio in culo, sento puzza di zolfo e mi schiaffano a trasportare macigni senza senso allora probabilmente non sono morto, mi ero solo addormentato al lavoro. Se mi ritrovo in un'ascensore con Silvio Berlusconi, e l'ascensore va lentissimo, traballa, arranca, si ferma, allora sono stato cattivo e sono all'inferno, o alla Camera che é la stessa cosa.

Non c'é nulla oltre la morte: se non altro sono dimagrito.

Ritorno in vita fisicamente: improbabile altrimenti il mondo avrebbe qualche problema di sovrappopolazione. E avrei incontrato Napoleone in un pub.

Divento un fantasma, o spirito. Potrebbe rivelarsi interessante. Diventerei spiritoso. (con questa battuta mi sono meritato l'inferno, se esiste).

Rivivo la mia vita, o un giorno, o una settimana (a seconda del film) da capo, quasi uguale. Post-it: ricordarsi di segnare dei numeri dell'enalotto da giocarsi nel giro successivo. Oppure cercare di conoscere Natalie Portman nell'infanzia. O avvertire il mio prossimo io dei due chiodi nella tavola, a quindici anni. Che male, cazzo.

Poetry moment, ovvero piccolo aforisma alla Oscar Wilde ( con questo non voglio compararmi a lui, non c'é confronto, io sono decisamente meglio ):

Sigla di apertura.

Quando si vede una stella cadente gli stupidi esprimono un desiderio sperando in un futuro migliore. Quelli meno stupidi si godono quell'effimero, sublime spettacolo, garantendosi un presente migliore.

Momento dello sponsor: acquistate Zanzariere Braghi, e le zanzare entreranno nella casa del vicino e pungeranno vostra moglie!

Sigla di chiusura.

Ah, ora é Mercoledì, Blogger ha avuto problemi con i server e non ho pubblicato. Siete stati in pena? Ma che dolci!!!

Tra parentesi, sono a un passo dal divenire il felice possessore di una casa. Marino, monolocale di 84 mq, qualche lavoro da fare, 87.000 €.

giovedì, novembre 11, 2004

Serendipity

Serendipity: la capacità di trovare qualcosa di prezioso quando non lo si stà cercando. Da Serendip, personaggio di "le mille e una notte".

«Papà, mi racconti una storia?»
«Quale vorresti ascoltare?»
«Una nuova.»

C'era una volta un ragazzo. Non era molto ricco, nè molto bello. Non era nè un principe nè un re, non sapeva essere un buon regnante. Non era un cavaliere perché aveva paura ad andare a cavallo. Non era neppure uno scaltro mercante, sugli affari era troppo onesto e approssimativo, non dava molto valore al denaro. No, non interrompermi, qualche qualità la aveva. Era sincero, a modo suo forte. Era cresciuto in strada, imparando dai suoi errori, ma era riuscito a non sporcarsi con il sangue di nessuno. Viveva con partecipazione. Se vedeva un bambino ferito piangeva. Se incrociava una donna sorridente si sentiva felice. Non é molto come qualità, ed é un'arma a doppio taglio. Forse, però, la cosa più speciale che aveva, quella che lo renderà il protagonista della storia, era una dote strana, sfuggente: sapeva trovare tesori. No, non grossi tesori sepolti, cose preziose a loro modo: vecchi ricordi, un vestito amato, una bambola, gioielli... La gente del paese, quando smarriva qualcosa, andava da lui e gli diceva: l'ho perso. Non gli diceva cosa, nè dove. L'ho perso, dicevano, niente altro. Lui annuiva e li commiatava. Poi rimaneva seduto qualche istante, a occhi chiusi. Dopo quel primo momento di raccoglimento tornava a fare quello che stava facendo, senza pensarci più. Se stava per andare a prendere l'acqua al pozzo raccoglieva il secchio, si alzava e si incamminava verso il centro del paese. A metà strada, poi, vedeva brillare qualcosa in terra, o un drappo colorato sporgere da un cespuglio. Lo prendeva, qualsiasi cosa fosse, ed era sempre un'oggetto smarrito, cercato, amato, prezioso per qualcuno. Magari non quello che gli erano venuti a chiedere quel giorno, magari si. Allora lui infilava il tesoro nella sua bisaccia e finiva quello che stava facendo, tirava su l'acqua dal pozzo e tornava a casa sorridendo. Dentro casa tirava fuori il suo tesoro, lo guardava e gli chiedeva: chi ti ama? Chi si dispera, ora, per te?
Non so come facesse allora, forse l'oggetto a modo suo gli rispondeva, fatto stà che lo avvolgeva in un panno di lino, bianco, e lo portava dal proprietario, che, alcune volte, non si era neppure accorto di averlo perduto. E allora gli davano una ricompensa, senza che lui la chiedesse, in base alle loro possibilità. Lui accettava quello che gli davano, fosse anche una mela da sbocconcellare per la via, sorrideva e se ne andava. La maggior parte delle volte, poi, il valore della ricompensa era maggiore di quello dell'oggetto. Perché quello era un tesoro amato, e il denaro invece non si può amarlo, al massimo uno può esserne ossessionato. La cosa lo rendeva felice, e gli dava di che vivere, anche se qualche volta gli aveva causato dei problemi. Qualcuno aveva pensato che l'avesse rubato e nascosto lui, il tesoro. Ma, alla fine, tutti in paese avevano visto come trovava le cose fortuitamente, senza malizia, e ormai avevano fiducia in lui. Lui era quello che trovava i tesori. Si chiamava Seren.
Alcune volte trovava anche persone smarrite, le incontrava ne posti più impensabili. Una volta dovette tirare fuori un bambino da una grotta, che tutti cercavano dal giorno prima.
Avrebbe potuto continuare a vivere così, serenamente, se non fosse stato per lo Straniero. Il nome non é importante, un nome è solo una mano di vernice colorata che ti versano addosso quando nasci, a coprire qualcosa che nessuno ancora sa.
Lo Straniero era arrivato in paese da poco, era un tipo schivo, taciturno. Non che fosse cattivo, o antipatico. Era solo uno di fuori, che si doveva ambientare in paese. Il problema é che un giorno perse qualcosa, o meglio, qualcuno.

Ora, in paese, la fama di Seren era cosa nota. Tutti sapevano della sua dote. Così, il giorno che videro lo Straniero uscire di casa disperato, che guardava da tutte le parti, in terra, in cielo, a destra, a sinistra, qualcuno capì che aveva smarrito un tesoro. Per fargli un piacere, anche solo per farlo ambientare, gli dissero di Seren. Lo Straniero non vi credette e tornò alla sua vana ricerca.

Qualche giorno dopo Seren uscì di casa per acquistare del cibo al vicino mercato. A qualche passo da casa sua la sua attenzione fu attratta da un luccichio nelle foglie ai lati della strada. Si chinò vide che si trattava di un anello dalla strana foggia. Non era oro, ne argento, ne rame. Il suo colore variava girandolo, dall'azzurro al rossastro. Incuriosito, suo malgrado, rientrò in casa. Lo pose sul tavolo, lo guardò e gli chiese: Chi ti ama?
L'oggetto non rispose. Provò ancora: chi si dispera per te? Ancora una volta l'anello tacque. Seren non riusciva a percepire alcuna risposta da quel tesoro, così sospirò e stava per riporlo quando notò che era macchiato di terra. Pensando di lucidarlo raccolse il panno di lino e lo strofinò sulla macchia.

L'anello si riscaldò, poi gelò d'improvviso. Seren lo lasciò andare sbigottito. Il monile cadde in terra tintinnando e dalla cavità centrale iniziò a fuoriuscire del vapore adamantino. Il fumo si condensò in gocce di rugiada, poi in cristalli di ghiaccio fino a formare una figura femminile, illuminata dentro da una fiamma. Il colore cominciò a ricoprire la pelle della figura, degli abiti diafani apparvero. Seren non credeva ai suoi occhi. Vedeva ora una donna bellissima davanti a sè, dagli occhi di ghiaccio e dai capelli di fiamma, con una veste in cui si mescolavano toni arancio e azzurro. La ragazza si guardò intorno, in silenzio. Mosse il piede nudo in avanti, con passo leggero e sensuale, come se temesse di camminare sul vetro. Lo fissò negli occhi.

«Chi sei, tu?»
Seren non rispose, non riusciva neppure a respirare.
«Sei il silenzio, tu?»
Seren aprì la bocca per parlare.
«Ti chiami Seren, lo so, ma non volevo sapere quello. Io non ho un nome. Se vuoi puoi darmelo tu. L'uomo prima di te mi chiamava Nashira, come una stella. Dice che è una stella caldissima, talmente calda da fare un fuoco azzurro. Talmente rovente da non permettere a nulla di avvicinarsi, e da distruggere chi ci prova. Ti avverto, Seren, ho avuto molti nomi, ma questo è il migliore che io abbia mai avuto.»
«Sei, sei bellissima. Sei bellissima.» Disse Seren.
Come ti ho detto non aveva molte qualità, e se c'era qualcosa in cui soprattutto scarseggiava era nella capacità oratoria, specialmente con una donna davanti. Ma questa frase, per quanto scontata, era sicuramente vera, perchè Nashira era davvero bella, e trasmetteva una sensualità e una intelligenza che la rendevano ancora più preziosa.
Fu in quel momento che Seren se ne innamorò, anche se non lo seppe mai.
«Bene, Seren, sei il primo che mi fa questo complimento! Hai altro da dire o hai intenzione di ripetere questa frase e basta?.»
«No. E Nashira va bene. Ma tu cosa sei?»
«Sono chi sono, non so altro. Perchè, tu sapresti rispondermi alla stessa domanda? Se è così ho davanti un saggio.»
«No, non saprei risponderti. Ma, l'anello, di chi è?»
«L'anello sono io. E io sono mia. Prima era al dito di qualcun'altro. Ora vuoi metterlo tu? Non sarà per sempre, mi perderai. Potrei farti stare bene o farti molto male.»
«Devo.. devo riportarlo. Qualcuno ti starà cercando.»
«Qualcuno cerca sempre qualcun'altro. Mi sembra assodato, no?» Nashira lo guardò con un sorriso ironico. Continuò:
«Vuoi riportarlo? Allora raccoglilo e porgimelo. Io non posso appartenere a nessuno. Tanto tempo fa, quando ero umana, ho amato, fortemente. Ma ora ciò mi è precluso.»
Seren raccolse l'anello e lo porse alla ragazza. Lei allungò il braccio e aprì la piccola mano delicata, con il palmo in su. Seren lasciò l'anello. Il monile cadde, attraversò il palmo e tintinnò in terra.
«Vedi. Non posso toccarlo. Mi attraversa. Il resto del mondo è solido per me, ma mi sfugge proprio ciò che mi lega. E' una maledizione, e non posso spezzarla. Potrei rompere la tua testa vuota, ma nulla posso contro quel piccolo anello di catena. Perciò io sono qui, come mi vedi, fuoco e ghiaccio. Entrambi possono ferire, i due opposti si fondono in me. Solo una piccola parte è ciò che posso offrire, la parte al centro, dove il gelo e il calore si toccano. Solo quella parte non fa male. Mi vuoi?»
Seren sentì qualcosa montargli dentro, inondarlo. Aveva capito cosa intendeva quella creatura. Aveva provato poche volte l'amore, e in qualche modo lo conosceva, ma questo era diverso. Ne aveva paura, la schiettezza di lei lo allontanava, eppure voleva quel tiepido, era disposto a correre il rischio sia di bruciarsi che di congelare. Una parte di lui voleva riportare l'anello, ma una voce che non conosceva, al centro dell'anima, urlava: E' TUO! LO HAI TROVATO! PERCHE' DEVI RINUNCIARVI!
La guardò. Lei distolse lo sguardo, come imbarazzata, come se non potesse sostenere un'altra volta, un'altra volta, quella storia.
«Si.»
«Allora abbracciami.»
Seren si avvicinò. Poggiò le mani sulla schiena, toccò una parte arancione. Subito un calore insopportabile gli fece allontanare la mano. La spostò verso l'alto e un freddo gelido la congelò. Si fece indietro. Nashira lo guardava con un sorriso ironico e triste, gli occhi azzurri socchiusi.
«Ti avevo detto che sarebbe stato difficile.»
Seren guardò la mano. Piccole piaghe erano apparse sul palmo, e la punta delle dita era rigida e insensibile. Stava per rinunciare, quando qualcosa dentro di lui lo fece riavvicinare. La abbracciò con entrambe le mani stavolta, ponendone una sulla parte arancionde del vestito, l'altra su quella azzurra. Subito un'ondata di pace e felicità gli piegò i sensi. Non aveva mai provato nulla di simile.
«Così va bene, Seren. Sei meno stupido di quanto credessi. Ma riuscirai a ricordarlo, riuscirai a fare OGNI VOLTA così?» Gli chiese Nashira, sussurandogli all'orecchio. I capelli erano caldi e morbidi contro la sua guancia.
«Non mi interessa, ci proverò. Dovessi rimetterci entrambe le mani.»
Rimasero così per un pò.

Passarono dei giorni, e lo Straniero non si era rassegnato. Era persino tornato indietro con il cavallo per la strada che aveva fatto quando era giunto al paese. Voleva il suo tesoro, lo desiderava. Non riusciva a mangiare, a dormire. E, proprio la sua assenza, glielo faceva desiderare ancor di più, come succede sempre, ed è una cosa che imparerai. Quando vedi una nave che si allontana, a vele spiegate, vorresti sempre allungare la mano e trascinarla di nuovo verso di te, dolcemente.

Alla fine lo Straniero si decise. Seren, dicevano tutti, sapeva trovare ogni cosa. Seren, colui che trova. E, fosse un tesoro immenso o una piccola cosa, restituiva tutto, era sempre stato così. Lo Straniero andò a casa di Seren. Bussò, e una voce rispose:
«Chi è?»
Seren era perso nella sua felicità, Nashira gli aveva aperto le porte di un mondo bellissimo che stava scoprendo ora. Lei cercava di allontanarlo, di riportarlo alla realtà con la paura e con l'ironia, ma lui non si faceva impaurire e, indipendentemente dalla ragione, qualcosa dentro di lui fioriva senza ricevere acqua.
Seren aprì, e si ritrovò davanti lo Straniero. Lo conoscevano tutti, anche Seren, come in ogni piccolo paese. Le voci girano, e tutti conoscono tutti. Seren si gelò. Collegò subito l'anello con lo straniero. Una voce si fece sentire, pulita, gli disse di ridargli l'anello, come aveva sempre fatto in passato. Ma lui ormai era felice, e, come tutte le persone felici, voleva mantenere quella felicità il più a lungo possibile, anche se, in cuor suo, sapeva che sarebbe durata comunque per poco tempo. Ma sapere e sentire sono due cose diverse, e anche questo lo imparerai con il tempo.
«Puoi aiutarmi? Ho perso qualcosa di importante. Ti pagherò, sono ricco.»
«Cosa cerchi?»
«Un'anello, è un ricordo. Lo cerco da giorni. In paese si dice che trovi le cose. E che sei onesto. Lo troverai per me?»
Seren sentì una fitta al cuore. Non poteva dire di no. Sarebbe parso strano a tutti, non si era mai rifiutato. Decise di prendere tempo.
«Va bene. Ma, non so se ti hanno detto anche non sono io che cerco le cose, sono loro che vengono da me. E vengono quando vogliono loro. Perciò non posso dirti quando lo troverò.»
Lo Straniero fece una smorfia di dolore, poi annuì. Attaccò a descrivere l'anello ma Seren lo fermò. Non aveva bisogno di sapere come era fatto un tesoro per poterlo trovare. Il suo era un legame con il mondo nativo, dove le cose non hanno nome, o forma, o colore. Si accommiatarono e Seren tornò in casa.

La trovò seduta su di un cuscino, che lo guardava. Era bella come una rosa racchiusa da spine. Era anche colta, stava insegnando a Seren a leggere e scrivere, ad amare l'arte, la pittura, la musica. Il suo sorriso ironico lo inchiodò.
«E ora, Seren, mi troverai?»
«Non lo so. Ero diverso prima, non so cosa sono adesso, ma qualcosa è diverso in me. Non voglio perderti per farti ritrovare da qualcun altro. So che ti perderò, ne sono cosciente, ma non mi interessa.»
«Ti sto facendo del male, Seren. Torna alla tua vita di prima. Gettami via, getta via l'anello. Non sei abbastanza forte.»
«Sto bene, non sono forte ma non mi interessa. Ogni cosa bella chiede il suo prezzo. Non ho paura a pagarlo. Ho avuto paura di tante cose, anche piccole, ma ora no, e sono il primo a stupirsene. Solo una cosa: dovrai rimanere segreta.»
«Sono sempre stata segreta. Sono abituata ormai. Ho fatto male e mi è stato fatto del male, ma una cosa è sempre rimasta: nessuno mi ha mai condivisa con il mondo.»

Ma in un paese alla fine le cose si vengono a sapere. Seren usciva meno, e quando acquistava il cibo ne prendeva di più. Ogni tanto lo Straniero tornava a chiedere notizie, e Seren negava. Alla fine qualcuno disse allo Straniero che Seren era cambiato, e che di solito ritrovava le cose in breve tempo. Lo Straniero capì. E impazzì.

Tale era la forza dell'anello, e della ragazza che vi era legata. Era una maledizione e una benedizione assieme. Vita e oblio, fuoco e ghiaccio. Un tempo era stata una donna normale, e non ci è dato di sapere come la sua storia sia cominciata. Ora era qualcosa di ineluttabile, un cambiamento, uno stravolgimento. Molti erano impazziti per lei. Lei non dava speranze, ma alla fine tutti ne erano pieni. Lei allontanava, loro si avvicinavano. Lo Straniero impazzì.

Corse allora, corse urlando fino a casa di Seren. Si lanciò contro la porta. La divelse con la forza alimentata dalle braci della fllia. La vide. Li vide.

Si gettò su Seren, lo colpì, cercò di immobilizzarlo mentre con una mano cercava di prendere l'anello. Seren non era forte ma si difese, o meglio, difese l'anello. Non sentiva i colpi che gli venivano inferti, vedeva solo quella mano che si protendeva. Lottarono, mentre Nashira li guardava con tristezza. Teneva le mani in grembo, come legate da una corda invisibile.

Alla fine uno dei due prevalse, e fu lo Straniero. Prese l'anello, e fuggì. La ragazza scomparve, divenne fumo, e seguì la figura in fuga. Seren si alzò e si lanciò all'inseguimento, correndo, piangendo. Raggiunse lo Straniero sulla riva del fiume. Molte persone del paese li videro, videro la lotta, videro il calmo Seren farsi avanti, colpire la mano dello Straniero. Videro quella strana nebbia contrarsi, sparire, un'oggetto metallico volare nel fiume. I due si immobilizzarono, si guardarono, e si gettarono assieme dalla riva.


Il padre tacque, metre il bambino assonnato sbadigliava.
«Papà, alla fine chi prese l'anello? Seren o lo Straniero? Chi visse felice con la ragazza?»
«C'è chi dice che l'acqua sciolse l'incantesimo, chi afferma che morirono entrambi, chi dice Seren, chi dice lo Straniero. Non si sa. Alcune storie non hanno una fine definita, esistono solo perchè sono belle, e vanno raccontate, e ricordate. E allora è meglio lasciarle là, sospese a una nuvola. Dormi ora.»

Ah, sarò stupido, ma questa è dedicata a te. Da quello che scrive. Grazie di tutto, amica mia.

lunedì, novembre 08, 2004

8 di 1000

8 di 1000

Musica: nulla.

Immagine: schermo.

Ottava, due mesi.

Eccomi. No, la lista dei libri non l'ho fatta, però vi dico che ho letto Novecento, di Baricco. Bello. Ero al circolo. Bicchiere di vino e libro. Poi i bicchieri sono diventati due e il libro ha cominciato a farsi stranamente meno chiaro. Avevo mangiato molto poco.

Immaginate una strada. Una strada normale, una via, una grande arteria di circolazione. Stiratela all'estremo, rendetela lunga centinaia o migliaia di chilometri. Un rettilineo, neppure una curva, neppure un'incrocio, null'altro che asfalto, quattro corsie di asfalto da un orizzonte all'altro. Adesso salite in macchina e andate. Bene, la vostra strada é diventata semplice, sapete da dove parte e sapete dove arriva. Potreste pensare che quella via é semplice, non dovete pensare, é unica e sola. Facile, andate dritti, neppure una curva. E invece...

Invece, alla fin fine non é proprio così. Tralasciando casi limite tipo testacoda e uscite di strada all'amerikana, in quella realtà semplice già dovete tracciare una rotta, vostro malgrado. Potete passare di corsia in corsia, scalare, accellerare, fermarvi, ripartire, tornare indietro per un pò, scendere a sgranchirvi le gambe in un Autogrill deserto... Potete mettere musica oppure no, caricare autostoppisti, farli scendere, essere rapinati, ricevere regali. Potete investire qualcuno o qualcosa, salvare qualcuno o qualcosa, dimenticare qualcuno o qualcosa, ricordare qualcuno o qualcosa. Diventerà il VOSTRO percorso, e, per quanto sarete trascinati dalla vostra macchina a trazione integrale da una partenza a un'arrivo comuni a tutti, potrete comunque segnare con le vostre gomme un cammino unico, complesso, irripetibile.

Era solo per dire che non ci sto capendo più un cazzo.

Ho parlato con la mia ex. Ho fatto un tuffo in una telenovelas. Se metti una persona in una stanza si annoia, se ne metti due si inventano la coppia e le liti, se ne metti tre prima o poi uno si trova ad avere le corna, se ne metti quattro riusciranno, contro tutte le regole permutative, a ritrovarsi tutti e quattro cornuti. Adesso, tecnicamente non ho mai avuto le corna, ne mai le ho messe, ma, cacchio, mi sento tanto in onda su Rete Quattro! Se guardo oltre la mia vita, ora, vedo una massaia che mi guarda stirando e aspettando la prossima puntata.

Ad avercelo, il copione. Tra l'altro, qui le puntate potrebbero finire da una settimana all'altra. Questa é una serie pilota.

Sfogato, più o meno.

Questa sera si recita a soggetto. Come tutte le sere, hai un canovaccio e cerchi di cavarne qualcosa di bello, o, quantomeno, qualcosa di rappresentabile. Mi ritrovo spesso senza parole, saltando con cautela tra un avverbio e un complemento oggetto, posando con attenzione i piedi sui punti ed evitando le virgole, che sono notoriamente scivolose. Riesco ad esprimere a parole un decimo del decimo di quello che vorrei dire. Però riesco a dire dieci volte tanto quello che non dovrei (o vorrei) dire.

Con le parole faccio casini assurdi. Se a ciò aggiungi il fatto che riuscirei ad essere insicuro anche sulla mia insicurezza...

Risultato: l'eruzione del Krakatoa ha fatto meno danni di quanti ne ho fatti io nelle ultime due settimane.

Ricapitolando: va tutto per il meglio.

Allora, cominciamo con i fatti:

Ho visto un casa, forse la compro. Mutuo e tutto. Ma non voglio che i miei mi facciano da garanti. Se prendo la caramella sbagliata si ritroverebbero nei guai.

Bella, settantacinque metri di cui una trentina soppalcabili. Monolocale con grottino, costo relativamente basso. Un piccolo sogno.

Poi.

Continuo ad avere un bel rapporto con una mia amica. Mi sta vicino e io cerco di starle vicino come meglio posso. Mi chiede spesso scusa per delle inezie. Grrr! Scusa tu, piuttosto, se capiti da queste parti. Sono riuscito a beccare anche te con i lapilli. Quando é saltato il tappo della mia vita è volato in aria di tutto. Sta colpendo tante, troppe persone. Se davvero morendo si rivede la propria vita dovrò fare, prima o poi, il conto dei morti e dei feriti che ho lasciato lungo il mio cammino. Ho un sorriso affilato, sto scoprendo mio malgrado, e temo di avere degli scorpioni nella zuccheriera. Non accettate caramelle da chi conoscete, bambini.

Due: ho conosciuto "Libra", al centro, oggi. No, non é una costellazione. É una ragazza messicana, e non si chiama così. Il suo nome comincia per C e non vi dico come finisce, ma é della bilancia, perciò la voglio "mascherare" così. Studia, Erasmus. Ci esco Mercoledì.

Tre: "Libra" mi interessa.

Quattro: revisione delle fotografie, tutto bene.

Cinque: questo da un diario sta diventando un inquietante incrocio tra un libro di barzellette per esistenzialisti e un ricettario per psichiatri. Vorrei fermarmi ma no sò se posso, per la paura che mi hanno messo addosso ( The Tommyknockers, Stephen King).

Comunque vado a letto curioso di sapere come sarà domani. Da emerito imbecille spero ancora di recuperare parte delle mie facoltà mentali. L'ultima lastra al mio cranio é ancora in studio alla facoltà di Astrofisica perché risulta il punto più vuoto dell'universo.

Va bene, scusate, vado a dormire. Vi lascio piangere in pace, ora. Scusate ancora.

sabato, novembre 06, 2004

7 di 1000

7 di 1000

Musica: Stand by me, rifatta da John Lennon.

Immagine: giorno, lo zaino da viaggio aperto, vicino.

Settima.

Weekend, costiera amalfitana.

Il viaggio, allontanarsi dalla propria vita per guardarla da
lontano e scoprire di non riconoscerla, di non riconoscersi.
É strano, una vacanza seppur breve ti pone fuori dal tempo, almeno
fuori da quello che la quotidianità scandisce per te, dandoti la
possibilità e l' effimera illusione di creare un ritmo a tua misura
che irrevocabilmente svanisce senza lasciare traccia ma non senza
amarezza al ritorno a casa.
Casa...
(no, non sono parente di E.T. e non ho problemi di telefono)
La casa e il rifugio, almeno dovrebbe esserlo, ma la mia mi sembra
sempre piu stretta, piccola, o forse sono io che mi sto allargando a
dismisura (no, non mi serve una cura dimagrante, parlavo del mio IO
interiore, o mio prosaico lettore...)
La vita giorno dopo giorno ti carica di un nuovo fardello di
esperienze ed emozioni, ci sono quelle leggere, le piccole porzioni
singole di felicità, e quelle intense e pesantissime, irrinunciabili e
spesso inaspettate, che d improvviso esigono uno spazio che stento a
trovare.
la filosofia bonsai.
il segreto é togliere, potare, ridurre all' osso, all' essenza.
ma chi decide cosa eliminare?
la mia casa e sovraffollata di ricordi vecchi e nuovi, consumati,
accarezzati, fusi tra loro a formare un passato leggendario e una
realtà parallela nella quale vorrei annegare ma coscientemente, per
scelta
non per necessità.
il gusto barocco, tipicamente italiano, per gli ambienti straripanti...
Perche il vuoto ci fa così paura?
Sono un iconoclasta.


Vi chiedo scusa, lo so, sono in ritardo. Chissà che avete pensato.
Anche la settima l'ho presa Lunedì notte, non domenica. Ero in
viaggio, costiera amalfitana appunto. Positano, Amalfi, Minori,
Vietri, le strade a picco sul mare, il mio terrore per l'altezza,
gente che fa il bagno ( Novembre...), gatti accucciati, chiacchiere in
riva al mare, onde infrante, silenzi infranti, paure infrante, un
ginocchio quasi infranto su uno scoglio. Le papere marine torneranno,
e allora saranno giorni strani. Battiato, poi musica trash nel ridente
paesino di Amalfi, gente che si gira. Secondo la canzone é più
economico andare a mignotte che trovarsi la ragazza. Fumo a tranci,
pesce fresco, vino buono, vista sul mare, Positano. Il forno in camera
(non é da tutti, chi se ne frega della Yakuzi), poi la signora Maria.
Un segreto rivelato con fiducia, finalmente. Colazione in terrazza,
sembra un film. Lo é?

Non sono sincero con voi, non scrivo tutto quello che succede qui.
Sapete, ho una malattia rara: la Riflettoriasi. Ovvero: in ogni
momento della mia vita, in ogni luogo, anche da solo, vedo puntato su
di me un riflettore. Come situazione é critica, anche perché si
schiatta di caldo. Andy Warhol aveva esteso la sua arte fino ad
avvolgere la sua vita, e rendere un'opera pop anche quella. Un
barattolo di zuppa Warhol, grazie. E che sia ben dipinto, s'intende.
Io non sono un'artista, ma ( mi sono appena messo il pennino del
palmare in bocca pensando fosse la sigaretta... Lo so fumare fa male,
ma non credo di dovermene preoccupare, o no?), dicevo: ma ho un gusto
teatrale per ogni momento. Qualcuno mi ha detto che quando mi volto
per aspettare mi metto in posa. Vero, e cerco anche la luce migliore
(ho fatto teatro per qualche anno, e so come si sente se la luce ti
arriva bene o male. Sul palco la puoi sentire anche a occhi chiusi
tanto si avverte la differenza con i riflettori).
Forse la cosa più divertente é che talvolta mi sento agile. Tipo una
volta, a fotografia, che per non impallare il campo a un'altro mi sono
acquattato tipo uomo ragno. Poi mi sono mosso per cercare una
posizione migliore rischiando di travolgere due 'bank', un fotografo e
tre ignari passanti. A Murano, Venezia, sulle porte dei negozi c'é la
mia foto con scritto 'IO NON POSSO ENTRARE'.

Scelte.
No, non le odio. Mi disturba quando dalle acque di un lago che é
finalmente diventato tranquillo riaffiora un relitto dimenticato.
Poteva essere stata una barca magnifica una volta, poteva essere stata
tua, poteva essere stata qualcosa che hai tentato di salvare con tutte
le forze. Ma, alla fine, é affondata. E se ti ritrovi, ora, a navigare
su quel lago con un'altra barca (più piccola, più grande? No,
semplicemente diversa, incomparabile), quel relitto, che una volta era
la tua ragione di vita, potrebbe diventare un pericolo. Può farti
affondare, può chiamarti, come una sirena a Ulisse, e farti gettare in
acqua, e rinunciare a tutto, per poi riaffondare. Vorrei avere la
forza, o la stronzaggine, di navigare fino al relitto, guardarlo
un'ultima volta, e poi allontanarlo per sempre, senza distruggerlo,
ferirlo. Io sto bene, ora, non avrei mai creduto e voi penserete che
uno che prende mille caramelle, in una mette del cianuro e poi ne
mangia una ogni settimana sta tentando il suicidio. NO! Non voglio
morire, ma mi ero stufato di vegetare (stufato di vegetare, e vai, un
bel brodo di verdure).
Se anche dovessi ritrovarmi senza barca, ora, ci sarebbe sempre stata,
a cambiarmi, a farmi scoprire altri ritmi, altri modi di remare, altri
modi di vedere.
E in effetti sono dovuto scendere per un pò, e, Dio, fa male.
Comincio a pensare di essere un completo deficiente.
Non so fumare o non so remare?
Perchè un gioco, per me, diventa importante? Cosi importante? Ero
salito su quella barca per rilassarmi un pò, e ora mi sembra che sia
uno yatch supermiliardario, il più bello del mondo, progettato a
quattro mani da Pininfarina e Fuksas, varato da un'armatore greco...
Continuo a pensare di essere un completo deficiente.
Ne sono quasi sicuro, a dire il vero.
Ok, lo sono senza dubbio.
Ma sono felice lo stesso, ecco!

Pensi di essere tu quella barca? Ti faccio una domanda: hai la prua?
Sulla poppa ok, ma...

Si, sei tu. Vedendo quella barca ieri sono rimasto senza parole. Era
bella sia dentro che fuori.

Parlare a quattro quando si é in due. Ora sono da solo, e parlo da
solo. Forse é, per ora, il posto dove mi espongo di più. Tu non sai il
mio viso, chi sono, perchè. Però leggi cose che non riesco a dire. Mi
fai un pò paura, tu, perché ti sto dando le chiavi del mio mondo di
cristallo.

Ah, no! Basta scrivere queste cose, altrimenti più che un diario
questo diventa un banco di prova per strizzacervelli. Me li immagino,
tutti appollaiati sui fili del telefono...

Ok, Martedì, lezione di Fotografia, ritratto maschile. Il modello era
la tipica persona che vedi e corri a cercare un Lucifero per
scambiarti con lui. L'anima non ti interessa quasi più. Buone foto.

Sempre per gli strizzacervelli, ecco la lista dei libri che ho su
palmare, in ordine pronologico (accidenti! Un lapsus, che avrà voluto
dire? Che é prono alla vita?).
Eh Eh!

No, vabbè ve la scrivo dopo, mi ci vuole un pò a prepararla.

Non vi aspettate nulla, la maggior parte é roba porno, tipo "memorie
di un vibratore".

Sono un tipo molto coltivato.