martedì, gennaio 11, 2005

Cronaca di una sega in tre registri

  • Comico-Noir

  • Romantico-Erotico (Harmony style)

  • Sportivo

Comico-Noir:

Erano settimane che non si vedeva un cliente. Il mio ufficio, sozzo com'era, avrebbe fatto piangere anche un maiale. Il whisky sapeva di fumo e la luce entrava dalla porta a vetri senza bussare, la gentildonna. Avevo lasciato la scrivania in cerca di pace e concentrazione. Praticamente ero in bagno. Ero seduto sulla mia bella tazza quando la fantasia mi colpì come un pugno in pieno muso. Sulle prime andai addirittura con le mani sulla faccia per accertarmi dei danni, ma il naso era comunque rotto da quella rissa davanti al teatro. La vidi, bella, languida, bianca. Il rossetto rosso peccato brillava. Il vestito dello spettacolo era buttato in terra. In terra volle per forza apparire anche lo zio Rufus, ma la fantasia era mia e lo scacciai offrendogli un quartino al bar di Wally. Una volta soli lei si stirò...
La mano gettò la sigaretta ormai ridotta a un mozzicone. La cicca volò con precisione nel lavandino, dove la aspettavano due gemelle. Da quando mia moglie mi ha lasciato sono due le cose: o fumo il triplo, o trascorro al bagno le mie giornate. Mi passai il palmo tra i capelli sale, pepe e origano, che ci era caduto stamattina dalla scansia del market cinese all'angolo. Feci scivolare il vecchio fedora in terra. Chiusi gli occhi di ghiaccio, e da private-eye mi trasformai in close-eye. Le dita scivolarono giù e si chiusero, ma non sul calcio della pistola, zucchero. Cominciai a muoverle, lentamente. Fuori sentii fischiare una nave, giù ai docks. Pensai a quella sera, quando lei, la pupa del capo, improvvisò un charleston tutto per me. Sotto il caso cominciò a farsi scottante. Era duro come il cemento intorno ai piedi del vecchio Charlie. No, decisamente non era una .44 Magnum ma si difendeva abbastanza bene. Il solito calore iniziò a salire lungo il collo, come un buon bicchiere di annebbiacervello. Mi venne voglia di una sigaretta. Mi appoggiai con le spalle alla parete e presi una delle mie ammazzapolmoni dal vecchio pacchetto schiacciato. La accesi, senza smettere la delicata operazione. Io non mollo mai un caso finchè non l'ho concluso. Non per niente sono il miglior lince privato della zona. Tirai una boccata. Sentii un ronzio invadere quella mente bacata che mi ritrovo. La cicatrice sulla spalla, dove Big John mi ha sparato, cominciò a tirare. Cambiai mano e mi versai un ciccetto di acqua di fuoco. Continuai, tenendo la sigaretta con una mano e il bicchiere con l'altra. Si, avete capito bene, è un trucco che ho imparato con l'esperienza. E non sono rimasto ancora nella mia pellaccia per tutti questi anni andando a spifferare i miei segreti. Ero molto preso, la cravatta mi infastidiva e la gettai dietro le spalle. Faceva caldo, ragazzo, molto caldo. Non avevo così caldo da quella volta dello scoppio della polveriera. Mi allentai la camicia. Sotto, il ferro era rovente, ma avevo ancora tutti i colpi in canna. Mi ricordai così che avevo la pistola nella fondina. A scanso di incidenti la tolsi e la appoggiai sul lavabo. Ricordavo bene come era finito Lucian, pace all'anima sua. Alla moglie avevo detto che l'avevano crivellato di colpi gli scagnozzi di Big John e che poi era stato investito da un camion, era più delicato. Ero in dirittura d'arrivo, pompavo come un treno, lento come in stazione quando porta la tua Dolcezza lontano da te. La luce scendeva attraverso il fumo pigra come il peccato. Mi sentivo esplodere, sudavo whisky puro, cosa preoccupante per il mio fegato ma tanto è già andato da tempo. Fu in quel momento che aprirono la porta di là. E fu in quel momento che venni. Ho i riflessi di un gatto, ma in condizioni del genere non diedi il meglio di me. Sussultai e versai il whisky sulla sigaretta. Una vampa di fuoco mi cadde sui calzoni. Mi alzai di scatto, mentre una voce di là mi chiamava. Allungai una mano verso il lavandino per prendere dell'acqua mentre anche il fedora prendeva fuoco. Peccato, era il mio preferito, nonostante il buco di pallottola. Urtai invece la pistola che sparò un colpo. Questo volò attraverso la porta socchiusa del bagno. Sentii un urlo, un tonfo, dei vetri in frantumi. Mi tirai su i pantaloni, o quello che ne restava. Il mio ferro andava calmandosi, ancora bagnato, ed io con lui. Avevo quasi tinteggiato la parete di bianco. Andai di corsa di la e lo trovai steso in terra, morto. L'avevo centrato, non per niente sono il migliore con la creavedove, anche in condizioni disperate. Era un cliente. Sospirai. Ne avrei avuto bisogno, ero indietro di tre mesi con l'affitto. Ma ci sono giorni nella vita in cui un uomo deve fare quello che va fatto. Evidentemente, questo non era uno di quelli.