lunedì, ottobre 18, 2004

5 di 1000

5 di 1000

Musica: Nulla, treno lontano.

Immagine: il mio letto, blu, lo schermo illuminato del mio palmare. Sono le 21 e 32.

Quinta. Sono cinque settimane.

Questa settimana non voglio raccontarla. Ho fatto cose strane, ho fatto tardi, ho fatto cose belle, ho vissuto ogni secondo. Non so se porteranno al paradiso o all'inferno, ne se ci sarò per vederlo. Ma, se potessi tornare indietro, lo rifarei, perchè é stato bello e dolce e intenso.
Se non ti spiace, in cambio di questo vuoto, ti offro una parte di storia. La finirò? La potrò finire? Si intitola

Via da Itaca

Correva troppo veloce, inquieta, i nervi tesi, fibrosi. Il parabrezza della macchina sottolineava tornanti aridi di Sicilia. I capelli neri frustavano il finestrino, rumore di seta su seta. Brandelli del sogno ancora si agitavano dietro gli occhi stanchi. Quella mattina aveva sentito distintamente strapparsi la sottile placenta che separa l'onirico e il reale. Ora stava rinascendo con dolore in un mondo di mezzo, troppo reale per non essere immaginario. Quel cartello, penzolante davanti a quell'improbabile bar: abbiamo tutte le risposte per nessuna domanda. No, non poteva averlo immaginato. Non aveva mai avuto molta fantasia. Maria, come era strano saperne il vero nome, ora. Era sempre stata un'esclusa perché amava diversamente dalle altre, ma il cuore, o chi per lui, prende spesso direzioni inaspettate. Aveva imparato a convivere con la sua diversità, ne aveva accettato le conseguenze: rifiuto, diffidenza, essere additata per le strade, discorsi che al suo ingresso si interrompevano. Ma, anche, emozioni forti, pulite, incise come dolci ferite nella carne e nel cervello, ogni volta. Da quando si era dovuta trasferire per lavoro lì, in uno sperduto paesino siciliano vicino Pachino, ogni cosa si era fatta più difficile. Ora i discorsi non si interrompevano neppure più, viravano semplicemente in un dialetto stretto che lei non capiva. Più di una volta le era capitato di uscire di casa e trovare due o tre ragazzini di dieci anni che si erano fatti un viaggio con la corriera per andare a vedere la Lesbica. Al suo apparire correvano via, voltandosi per imprimersi altre immagini nella testa. Sandra aveva persino pensato di aprire un banchetto di souvenirs, sarebbe stato redditizio. Stava per mollare quando, alla stazione, aveva visto lei, occhi nocciola, intensi, un vestito morbido di lino bianco. Stava aspettando il treno, fumava osservando, lo sguardo mobilissimo che saettava da una parte all'altra, una falena impazzita tra mille luci da visitare. No, non c'era stato alcun colpo di fulmine, Sandra aveva imparato a sopprimerli sul nascere, per autodifesa. L'aveva annotata in un angolo dei pensieri, poi era salita sul treno ed era andata al lavoro. L'aveva rivista due giorni dopo, vestito nero. Aspetto di chi non ha dormito. Era andata avanti così per quasi due mesi, mentre già si stava organizzando per andarsene. Poi, un giorno di Novembre, si era ritrovata a pensare a lei durante le pause. Nessuna causa scatenante, semplicemente l'aveva assorbita senza accorgersene fino a diventarne piena. Nel giro di una settimana la sentiva dentro ogni pensiero, nascosta dietro un angolo, con la sigaretta in mano e quei bellissimi occhi mobili. I preparativi per andarsene erano passati in secondo piano. Agli inizi di Dicembre aveva cominciato ad avvicinarsi a lei, con discrezione. Si sentiva una ragazzina alla prima cotta. Notava ogni gesto, ogni dettaglio. Saliva sul suo vagone e la guardava piano, assaporandola, distogliendo gli occhi quando lei si girava. Si sentiva stupida e felice. A Roma, dove viveva prima, si sarebbe semplicemente alzata e presentata. Ma qui le regole erano diverse, e richiedevano cautela. Non per lei stessa, no, era un bel pò ormai che in paese si era sparsa la voce della sua diversità. Ma, parlandole, avrebbe potuto causare un torrente di voci che alla fine avrebbero travolto quella creatura senza alcuna ragione. Parlava con la Lesbica, ve lo giuro, li ho visti io, é Lesbica anche lei. Simile chiama simile in ogni mente piccola, in ogni paese, in tutto il mondo. L'unica differenza tra la Sicilia e Roma era la compattezza e la velocità con cui si diffondevano le informazioni. Su quello il paesino siciliano era molti passi avanti persino a Internet. Avrebbe dovuto farla su quello la tesi: vecchietti al bar, un network informativo veloce, sicuro ed efficiente. Il passato, il presente i el futuro ossidati assieme. E così si limitava a guardarla.

A Natale era tornata a Roma, dai suoi. Sua madre le aveva chiesto come andava. Lei le aveva risposto: bene. Poi era scoppiata a piangere. Le aveva raccontato allora dei ragazzini, delle voci, della pressione che sentiva montare dentro, della ragazza del treno e di come non poteva neppure avvicinarsi a lei. La madre l'aveva ascoltata, abbracciata, calmata. Le aveva dato tutto il suo appoggio. Sapevano tutto a casa e, dopo un pò di maretta all'inizio, avevano accettato il suo amore strano. Ormai ci scherzavano sopra. Sandra, le aveva chiesto il fratello, allora? Ti piacciono ancora con le tette grosse? Perchè non ne fai conoscere una anche a me? Lei le aveva dato un pugno ed era scoppiata a ridere. Le era venuta in mente la ragazza del treno, che aveva decisamente un bel seno generoso. Grande, sodo, alto. Si, il suo preferito.

Era tornata in Sicilia rinfrancata, decisa ad andare avanti comunque nelle sue scelte. Era rientrata nella scuola media dove insegnava con uno spirito ironico e positivo che sembrava scomparso da tempo. Presto aveva ricominciato a scontrarsi con la realtà, ma ora riusciva ad affrontarla a testa alta. Una unica sensazione spiacevole la colpiva come uno scudiscio: la ragazza del treno non si vedeva più.

Sulle prime l'aveva vista come una benedizione. Meno "tentazioni" uguale meno "guai". Mano mano però che il tempo passava, però, una strisciante sensazione di panico le aveva nidificato dentro. Si ritrovava a percorrere la banchina con gli occhi, in cerca di lei. Una volta lo sconforto l'aveva colpita molto forte e si era data malata. Si rendeva conto che stava diventando un'ossessione, e forse che era uno sfogo malsano per l'atmosfera in cui era costretta a vivere. Non poteva farci nulla.

Poi un giorno era riapparsa. Sandra l'aveva vista arrivare di corsa dalla stradina proprio mentre il treno partiva. L'aveva perso e Sandra l'aveva guardata dal finestrino mentre il vagone la portava al lavoro. Per tutto il viaggio non aveva fatto altro che pensare a lei. L'ultima nuvola era sparita dal cielo, pensava. Col senno di poi l'inverno era appena cominciato.
Il giorno dopo le aveva chiesto una sigaretta. La ragazza aveva frugato nella borsa e ne aveva tirato fuori un pacchetto di Cortina Slim. L'aveva aperto e ne aveva porto il contenuto a Sandra.

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